È negli Anni Cinquanta dell’ormai secolo scorso che la famiglia Vannelli arriva a Torino, partendo da Altopascio, in Toscana. E nel tempo conquista uno spazio talmente importante da ottenere anche, tra il 1973 e il 1980, le due stelle Michelin.

Nel raffinatissimo ristorante di Luisa e Angelo Valazza, sulle prime colline che circondano il lago d’Orta, si sono scritte alcune delle pagine più belle della ristorazione italiana. Qui, molto prima che altrove, la cucina è divenuta forma d’arte, trasfigurandosi in uno stile di superbo classicismo contemporaneo.

Benché cuoco di solida formazione classica (e gli impeccabili gamberi viola in salsa bernese sono lì a testimoniarlo), Davide Palluda è sempre stato capace di far evolvere la sua cucina al passo coi tempi, senza adagiarsi nel consueto, e quindi di esprimersi attraverso piatti autoriali, sì di piglio contemporaneo ma sempre rispettosi delle materie prime e del loro ‘spirito territoriale’.

La creatività culinaria di Anna Ghisolfi, cuoca e proprietaria di questo ristorante, si distingue per la sua essenzialità, fondata sull’impiego oculato delle materie prime e sull’armonioso equilibrio che si sviluppa osservando, preservando e valorizzando le peculiarità di ciascun singolo ingrediente.

Non c’è dubbio: l’Antica Corona Reale ha ben pochi paragoni in Italia. Ce ne si rende subito conto non appena si varca il cancello di questo magnifico locale, che rivaleggia in eleganza e charme con le più blasonate insegne della campagna francese.

Un’atmosfera d’antan aleggia nella elegante e luminosa sala, ingentilita da piante e fiori. E un’impronta di sublime classicismo segna i piatti che escono dalla cucina. Questo ultimi, che seguono la stagionalità, in parte si ispirano alle tradizioni locali e in parte rivisitano in chiave ‘italiana’ alcune emblematiche preparazioni d’alta scuola.

La carta proposta rimane perlopiù fedele alle radici piemontesi e, sebbene sostanzialmente fissa durante tutto l’anno, il talentuoso cuoco, Massimo Rivetti, aggiunge spesso alcune sue proposte di giornata.

Questo ristorante ultracentenario offre una cucina centrata sui migliori piatti della tradizione piemontese. Arrivati, con Alessia, alla quarta generazione, i Battaglino continuano a deliziare i palati dei loro avventori, affiancando a pietanze più classiche anche cibi macrobiotici e vegani.

La cuoca mostra di muoversi con sicurezza invidiabile, costruendo piatti meditati tanto nella rilettura delle ricette classiche quanto nell’equilibrio degli abbinamenti delle pietanze più contemporanee.

Nonostante la curata modernità degli ambienti si è qui – per fortuna – preservata un’atmosfera da vecchio Piemonte, piena di calore umano e di intrinseca eleganza: quasi una disposizione dello spirito – si potrebbe a ragione dire – che si riflette nella proposta di cucina.

Posto in un bel relais con camere, nella campagna astigiana, non troppo distante da Langa e Roero, questo storico locale propone, in spazi elegantemente arredati, una valida cucina d’impianto contemporaneo, eseguita con metodo e senso della misura.

Le materie prime sono quelle del circondario, declinate secondo stagione, con una gentilezza e una sapienza raramente riscontrabili altrove. E la linearità che definisce tutta la proposta non è una scorciatoia, ma un tratto di stile.

Piccole salette arredate elegantemente e un servizio cortese e mai invadente sono il degno contorno di un’esperienza gastronomica che guarda alla terra e al mare con una commistione di idee e di ingredienti che nasce dalla passione per l’eccellenza della tavola.

Il bistrot di Novara di Antonino Cannavacciuolo si trova all’interno del teatro Coccia. È essenziale: moderno e accogliente rispecchia le tendenze del design del momento. In cucina un cuoco valente che, con abilità, riesce nell’intento di ‘unire’ terra e mare in questa zona di confine che respira ancora aria piemontese ma guarda affascinata alla Lombardia.

La cucina, in mano a una giovane cuoca, è di taglio contemporaneo e, secondo le tendenze attualmente più in voga nell’alta ristorazione, mostra di porre grande attenzione nell’utilizzo di materie prime di origine vegetale, molte delle quali prodotte in modo biologico negli orti della tenuta.

In un bel resort (con camere, spa e piscina) immerso fra le vigne, in un paesaggio di grande fascino, trova spazio questa insegna di recente apertura che, in un ambiente luminoso e arredato con ricercata contemporaneità, propone una cucina di piglio autoriale, moderna e istintiva.

La famiglia Vicina è una delle famiglie della ristorazione italiana. Da Borgofranco d’Ivrea si è trasferita a Torino città dove, nel tempo, ha confermato la vocazione strettamente legata a una cucina di territorio.

I fratelli Costardi – Christian e Manuel – hanno fatto del loro elegante e curato ristorante un luogo di esperienze gastronomiche. Si viene qui, soprattutto, per gustare i loro ai quali dedicano un’ampia porzione della loro proposta.

In un bel relais di recente apertura, dotato di camere finemente arredate, trova spazio questo ristorante che, già nel nome, svela la propria filosofia e il proprio intento.

La cucina di Federico Zanasi è ormai un punto fermo in città, complice l’estro creativo del grande cuoco spagnolo Ferran Adrià, con il quale Zanasi elabora la proposta.

Lo stile è schietto e sincero, diretto, senza troppi fronzoli (molte materie prime sono Presidi Slow Food), e i piatti del menu degustazione sono l’estrema sintesi di una carta che guarda al Piemonte con qualche elemento che ricorda il Sud.

Si possono ‘smontare’ e quindi ‘rimontare’, assemblando gli elementi in modo differente ma simile, le ricette consolidate della grande tradizione regionale italiana? Il cuoco di questa insegna, un po’ elegante, un po’ casual – Beppe Rambaldi – ci prova. E i risultati sono di valore perché le conoscenze di base ci sono, la tecnica anche, le capacità idem.

Colpisce la struttura, dal bel design contemporaneo. Colpiscono gli ambienti, dalla ricercata e calda eleganza. Colpisce la bella cucina a vista, con il bancone che le gira intorno. È questo il nuovo regno di Roberto Conterno che, con l’acquisizione della storica cantina Nervi si propone di rilanciare l’immagine un po’ appannata dei Nebbioli ‘del Nord’.

Gemma Boeri e la sua rustica trattoria sono una vera istituzione di Langa. Qui si viene per mangiare (con un menu a prezzo fisso: 36 euro) i piatti della più verace tradizione piemontese, proposti in porzioni di soddisfazione. Ma non si pensi a una grossolana osteria: tutt’altro. La cucina, nella sua familiare semplicità, è assai curata e non riserva mai brutte sorprese.

Questo locale, da cinque generazioni (1884) gestito dalla famiglia Bardone, è uno degli indirizzi più solidi di tutta la regione. Nessun lusso ostentato: solo una curata cascina, un lindo giardino e delle confortevoli sale arredate con borghese finezza.

Ristorante simbolo di Torino il Del Cambio ha vissuto in prima linea la storia della città e ha visto la nascita dell’Italia unita. Frequentato dal conte di Cavour, che qui mangiava osservando dalla finestra i movimenti del vicino Parlamento, ha mantenuto quell’allure che gli conferisce un fascino indiscutibile.

Ed è proprio all’ultimo piano, sopra la Galleria di Diana, che Alfredo Russo ha aperto il suo Dolce Stil Novo, da anni solida conferma nel panorama regionale della grande cucina.

La creatività del cuoco si esprime attraverso azzeccati abbinamenti di sapori e una varietà di sfumature cromatiche che si mescolano armoniosamente per creare una ‘sinfonia culinaria’ ricca di gusto e colore.

Due sono i menu degustazione proposti, entrambi accumunati da una medesima filosofia: raccontare il territorio di stagione in stagione, mettendone in evidenza le peculiarità, tratteggiandone le caratteristiche, facendone percepire le differenze.

Le pietanze, che mutano giorno per giorno, secondo mercato, stagione ed estro, intrecciano, senza pesantezze ma anzi, al contrario, con grande attenzione alle sfumature, alcuni immancabili classici di casa Giaccone, come la profumatissima insalata di funghi e pesche, e il sontuoso e soave capretto arrostito nel camino.

In una casa del XIX secolo trova spazio questa raffinata insegna che, nel corso degli anni, è stata capace di crescere con continuità, definendo viepiù uno stile e una linea di cucina propri e riconoscibili. Il merito va alla cuoca, Mariangela Susigan, che propone piatti ispirati al territorio ma rivisti con fantasia e un pizzico di creatività.

In una delle località più celebri per il Barolo, si trova questo locale, curato e colorato, dall’atmosfera piacevolmente sbarazzina, gestito da un giovane cuoco di origine calabrese.

Davide Scabin ha trovato una nuova casa: quella del ristorante Carignano, all’interno del Grand Hotel Sitea. Qui è approdato portando visione e tecnica, rivoluzionando l’illuminazione del locale, giocando con gli ambienti di questo storico edificio e legando il suo pensiero, come sempre assai concettuale, a ogni portata.

All’interno della villa che fu abitazione di Vittorio Emanuele II e di Rosa Vercellana, Ugo e Piero Alciati (figli degli indimenticati Guido e Lidia, i ‘pionieri’ di Costigliole d’Asti) hanno trasferito il proprio locale, continuando a proporre, con encomiabile costanza, quei piatti che sono indissolubilmente legati al nome della propria famiglia.

La cucina si propone con una stilistica contemporanea: tecnica, attenta nelle cotture, ponderata negli abbinamenti, e con un approccio che lega – senza confonderle né snaturarle – alcune inflessioni e alcuni ingredienti del Sud Italia (il cuoco è di origine pugliese) alla grande e ricca tradizione sabauda.

Storica insegna della ristorazione monferrina che, in un ambiente un po’ datato (ma comunque ancora di un certo fascino), propone da decenni, senza azzardi né particolari smanie moderniste, quei piatti che nel corso del tempo l’hanno resa celebre.

I piatti, sia quelli più semplici sia quelli più complessi, sia quelli a base di carne, sia quelli a base di pesce, si esprimono in modo chiaro e diritto, all’interno di una polifonia di elementi.

Stagionalità, senso della misura, attenzione alla centralità del gusto e una moderata creatività guidano la proposta che prende forma tanto in alcune classici regionali impreziositi da materie prime a ‘km zero’ quanto delle proposte più estrose e contemporanee.

In monastero del XIV secolo, ora trasformato in lussuoso relais, con piscina e spa, continua la storia degli indimenticati Guido e Lidia Alciati che, nel loro locale di Costigliole d’Asti, alle porte delle Langhe, hanno fatto conoscere al mondo queste terre, questi vini e questa grande cucina.

La ristorazione, firmata da Enrico Bartolini (cuoco del blasonatissimo omonimo locale milanese), ed eseguita da un suo giovane e valentissimo collaboratore, propone piatti di ispirazione vagamente territoriale, basati non tanto sulla reinterpretazione delle ricette della tradizione quanto sull’utilizzo di alcuni prodotti iconici di queste terre.

È il celeberrimo chef francese Yannick Alléno (del ristorante Pavillon Ledoyen, a Parigi) a firmare la consulenza della cucina di questo elegante resort langarolo (ove si produce anche vino), che si rivolge perlopiù a una facoltosa clientela straniera.

All’interno di un curato resort, noto anche per la sua produzione vinicola, si trova questo bel ristorante che pare ora sulla strada di riacquistare il prestigio del passato, complice anche a una vasta opera di ristrutturazione e ampliamento degli spazi, che ha visto coinvolte pure le cucine.

In una rustica cascina, ristrutturata con buon gusto e attenzione ai particolari, si trova questo consolidato ristorante di famiglia che, da tanti anni, porta avanti una proposta di cucina fine ed elegante, ispirata alle tradizioni del territorio astigiano.

Sulla vecchia strada che porta verso Alba, alle porte di Langa e Roero, in una struttura un po’ defilata si trova l’insegna dei fratelli Ferretto, da tanti anni sicuro approdo per coloro che sono alla ricerca di una cucina solida, centrata sul gusto e preparata con ingredienti di valore.

Nel centro del paese, questo affascinante ed elegante locale racchiude in sé tutto il meglio della grande cucina piemontese. Il merito è tutto della famiglia Cordero (mamma Elide ai fornelli, papà Enrico e il giovane Giampiero in sala) che ha fatto dell’accoglienza e della ristorazione una vera e propria missione.

In ogni piatto il cuoco dimostra capacità tecnica, ricerca e un profondo rispetto per gli ingredienti che seleziona con maestria, tanto nel circondario quanto da molto lontano. Le esecuzioni sono improntate a linearità e pulizia e tendono a sottolineare i profili aromatici e gustativi degli abbinamenti, talvolta inconsueti.

In una cascina che profuma di vecchio Piemonte, ben restaurata e ben arredata, trova spazio questo consolidato ristorante che, da oltre vent’anni gestito dalla famiglia Vineis, porta avanti una proposta di cucina centrata e rassicurante, ma con azzeccati spunti di modernità.

La cuoca, animata da grande passione, lavora rispettando le ricette dei tempi che furono, stando però assai attenta ad alleggerire e a ingentilire, in una carta che, lodevolmente non troppo vasta, varia secondo stagione.

Nella piazza centrale del borgo, in quello che fu il vecchio asilo edificato in epoca fascista, trova spazio questa elegante insegna, vera e propria istituzione della ristorazione langarola.

Con questa raffinata trattoria, tre fratelli, Massimo, Alessandro e Tiziano Dellaferrera, hanno realizzato il loro sogno di unire la condivisa dedizione alla gastronomia con l’amore verso la propria terra.

Elegante insegna che, in un ambiente dal design contemporaneo e immerso in soffuse luci, propone una cucina di stile creativo, dal forte impegno tecnico e dalla bella ricerca estetica.

Questo elegante locale propone una cucina che reinterpreta con classe e leggerezza alcune delle ricette tipiche del territorio. Ma, più in generale, lavora traendo ispirazione dal prodotto, con stile classicamente fresco e con esecuzione meditate (non scevre di un pizzico di estro creativo).

Il menu degustazione è di otto portate e si ispira ai prodotti del mercato e delle stagioni. Gli abbinamenti sono testimoni di una cucina di concetto e di sostanza che rende questo ristorante un indirizzo molto amato in città.

I piatti, alleggeriti e ingentiliti, appaiono eseguiti senza sbavature, e anzi con una lodevole attenzione all’esaltazione della materia prima e alla centralità del gusto.

Tecnica, rigore, precisione sono le parole d’ordine di una cucina che guarda al territorio ma anche alle esperienze maturate negli anni di lavoro all’estero, in primis in Francia. E così il Piemonte incontra il Mediterraneo (i fratelli D’Errico hanno origini campane), ma anche il mondo in un tripudio di piatti che hanno nell’esecuzione estetica la massima espressione.

Moderno, accogliente ed elegante, La Pista è incastonato all’interno di uno dei simboli industriali di Torino: il vecchio stabilimento Fiat con quelle rampe elicoidali che portavano proprio alla pista di prova delle autovetture, progettata nel 1919.

Linda e curata osteria che, nel centro del borgo, propone una scelta di gustosi piatti di ispirazione territoriale e di buona preparazione. La materia prima, selezionata con cura, appare ben lavorata e ben valorizzata, mantenendo le caratteristiche e le qualità che la contraddistinguono.

La mano ai fornelli appare solida, e sembra non mancare di capacità tecniche ben acquisite: le esecuzioni – tanto quelle più tradizionali quanto quelle più estrose – appaiono senza sbavature, e anzi ben tese all’esaltazione della materia prima, attente all’equilibrio degli abbinamenti e alla centralità del gusto.

Qui la cucina fa di territorio, tradizione e stagionalità i suoi pilastri, proponendo piatti ingentiliti ma ricchi di gusto, sostenuti da una esecuzione tecnica non solo priva di sbavature ma capace di valorizzare al meglio la materia prima, attraverso cotture e accostamenti.

La proposta gastronomica del ristorante abbraccia le tradizioni liguri e piemontesi, ma anche siciliane, in omaggio alle origini della cuoca.

Il ristorante, luminoso ed elegante, in mano a un talentuoso cuoco, porta avanti, in chiave rivisitata ma senza stravolgimenti, una cucina ispirata alle ricche materie prime di questo scampolo di Piemonte, innervate però da alcuni inserti di piglio più solare e mediterraneo.

Fra le strette stradine di questo affascinante borgo adagiato sulle sponde del lago, questo elegante locale, ricavato in una antica casa, porta avanti una cucina rampante, di piglio contemporaneo, abbastanza slegata dalle tradizioni locali (se non per qualche rimando, percepibile perlopiù nell’utilizzo di alcuni ingredienti) e di solido impianto tecnico.

I piatti sono quelli della tradizione locale che accolgono però anche influenze e suggestioni internazionali, andando a generare un perfetto equilibrio tra autenticità dei sapori e voglia di proiettarsi verso l’innovazione.

L’attenzione alla sostenibilità è un elemento centrale di questa insegna e si riflette anche sulle scelte della cucina che, con intelligenza e sapienza, fa uso quasi esclusivo di materie prime reperiti nel circondario, quando addirittura non sono autoprodotte.

La cucina si ispira ai classici della tradizione mediterranea senza dimenticarsi della terra piemontese. Non esiste un menu degustazione vero e proprio, ma c’è la possibilità di comporre scelte da due o tre piatti attingendo da una carta composta da poche ma ottime portate.

Ha compiuto vent’anni il ristorante firmato da Marcello Trentini. Un compleanno importante che segna un percorso di cucina nel quale la materia prima di provenienza locale ha sempre dialogato con contaminazioni provenienti dal resto del mondo.

La cucina, in mano a un cuoco giovane ma con valide esperienze alle spalle, viaggia sicura sui binari di una tradizione rivisitata e ingentilita, vivacizzata – qua e là – da azzeccati inserti creativi.

Largo è l’uso che qui si fa del pesce di fiume, proposto – per esempio – in una appagante degustazione di antipasti misti, nelle tagliatelle al carbone accompagnate da lucioperca e bottarga di salmerino, o nei tortelli al brodetto ripieni di carpa affumicata. Fra i secondi, se si ha la fortuna di trovarlo disponibile, da non mancare è il persico trota cotto intero al sale.

Lasciato il castello di Grinzane Cavour, che lo aveva ospitato per tanti anni, il ristorante di Marc Lanteri, cuoco di origine francese da lungo tempo trapiantato in questo spicchio di Piemonte, si sposta a Castagnito, sulle prime colline del Roero.

Il cuoco – Massimo Camia – propone una cucina assai personale, un po’ slegata da normali canoni langaroli. Non che non siano presenti – soprattutto nella stagione del tartufo bianco – quei piatti classici con i quali accompagnare la preziosa trifola, ma qui si viene soprattutto per gustare le sue creazioni a base di pesce.

Le proposte gastronomiche spaziano dalla carne al pesce, anche se è quest’ultimo a occupare un ruolo predominante, con creazioni sempre più audaci e d’avanguardia.

Se è fra queste mura che è nato il movimento Slow Food, una ragione c’è. E la ragione è che qui la cucina non solo ripropone, rispettandola, le ricette della più verace tradizione sabauda. Ma le esegue ricercando e utilizzando prodotti di valore, perlopiù reperiti nel circondario.

Nella patria della celebre Robiola, di fianco alla chiesa che la tradizione vuole sia stata progettata dal celebre architetto Donato Bramante, si trova questa piacevole osteria che propone una cucina fatta di piatti semplici ma gustosi, chiaramente territoriali e tradizionali.

Nella bella frazione di Annunziata, all’ombra di La Morra, si trova questa bella e colorata ‘trattoria contemporanea’, dall’atmosfera disinvolta e spigliata. Qui imperano i piatti della tradizione, preparati partendo da materie prime di valore, manipolate con attenzione.

Affascinante trattoria che affaccia sulla piazza principale di Vercelli, dai begli ambienti curati, con tavoli ben apparecchiati con candide tovaglie e giusti bicchieri.

Con i suoi 150 metri di altezza, Piano 35 è il ristorante più alto d’Italia: si trova all’interno del grattacielo Intesa Sanpaolo e offre una impareggiabile vista sulla città. Alla guida della cucina c’è Marco Sacco (cuoco e proprietario della blasonata insegna Piccolo Lago, a Verbania).

Sedersi a uno dei tavoli di questo elegantissimo ristorante, affacciato sulla piazza centrale di Alba, è, oggettivamente, più una esperienza che un semplice pasto. Qui, la cucina diviene mezzo d’espressione concettuale e artistico perché i piatti di Enrico Crippa si fanno portatori di un’idea totale del ‘fare da mangiare’.

Sulle sponde del ‘piccolo’ lago di Mergozzo, giusto sopra il pelo dell’acqua, come una palafitta, sorge questo elegante e moderno ristorante, tutto ampie vetrate, e con un magnifico camino a troneggiare nel centro della sala.

La cucina, che si esprime più per sottolineature che per glosse e che declina uno stile classico che trova massima espressione negli ingredienti locali e nelle ricette della tradizione, emoziona. Tanto in quei piatti per i quali è divenuta celebre, quanto nelle proposte di piglio più contemporaneo.

La materia prima giunge da agricoltori e allevatori che seguono metodi naturali. E le lavorazioni sono tese alla massima valorizzazione degli ingredienti, limitando lo scarto al meno possibile.

E qui si va ben oltre la ‘vocazione locale’: la cucina parla di tradizione regionale italiana con spunti francesi e asiatici; le lavorazioni raccontano di garum, aglio nero, kombucha e altre proposte fermentate.

La cucina, curata in prima persona dalla proprietaria, è di stretta impostazione tradizionale, solo alleggerita e ingentilita: l’uso di grassi e condimenti è parco, e gli abbinamenti, di stampo un po’ più creativo, tentano – ben riuscendoci – di vivacizzare la proposta.

In alta montagna (si è a mille metri sul livello del mare), in una vecchia cascina con fienile ben ristruttura, trova spazio questo affascinante locale che, con tenacia, porta avanti una propria idea di cucina autarchica e a basso impatto ambientale.

Nell’antico borgo di Perno (una fra le frazioni di Monforte) si incontra questa bella insegna che, nella sua apparente semplicità, propone una delle migliori cucine di tradizione delle Langhe.

In un’antica magione in pietra completamente rinnovata, questo ristorante rimane un porto sicuro per chi ha desidera gustare del buon pesce di mare in Val d’Ossola.

La cuoca, infatti, è riuscita, con disinvolta nonchalance, a mantenere i suoi piatti giovani e accattivanti nel corso del tempo, senza mai frenare la sua vena creativa e trovando il giusto compromesso tra tradizione e innovazione.

Nei locali di quella che era la storica drogheria di Luigi Lavazza ecco il nuovo ristorante del Gruppo Lavazza: San Tommaso 10. In cucina una brigata giovane, guidata da un cuoco che vanta ottime esperienze, tanto in Italia quanto all’estero.

L’apertura di questo ristorante all’interno delle Gallerie d’Italia (museo di Intesa San Paolo principalmente dedicato all’arte fotografica) è la novità a Torino. Il via in primavera 2023 sotto la guida dei fratelli Christian e Manuel Costardi.

La proposta, di bell’impianto tecnica e di esecuzione sicura, si muove strizzando un occhio alla mediterraneità, fra piatti a base di pesce e verdure dell’orto.

In luminose sale, su tavoli ben apparecchiati con candide tovaglie, sfilano le grandi pietanze di Langa, sì ingentilite e alleggerite, ma mai tradite né dall’utilizzo di materie prime non all’altezza né da facili scorciatoie fornite dalle tecniche più all’avanguardia.

Dalla cucina, che con sapienza muta di stagione in stagione, mantenendo però una precisa identità territoriale, escono piatti eleganti e gustosi, come i superlativi agnolotti del plin ‘al tovagliolo’ e l’immancabile capretto al forno, dal soave profumo di rosmarino.

Nel cortile di un antico palazzo d’epoca situato in pieno centro, questa insegna offre una cucina d’impronta classica, ma che non risulta mai banale o scontata.

La proposta si articola in due menu: «Il Mercato» e «Menù 1975». Il primo è un racconto di presente e di futuro. Il secondo è un tripudio della tradizione.

La scelta è tra un menu degustazione e la proposta alla carta: in entrambi i casi a trionfare sono sempre i grandi classici della cucina piemontese.

Luci soffuse, un unico bancone con dieci posti a sedere, un menu uguale (e sconosciuto) per tutti i commensali che si siedono a tavola contemporaneamente per vivere un’esperienza di gusto multisensoriale.

La guglia moresca che alta svetta su questa affascinante e storica dimora (magnifico monumento eclettico della fine del XIX secolo adagiato sul lago d’Orta) pare chiamare a raccolta – come fosse il minareto di un meuzzin – tutti gli appassionati di grande cucina.

Una spaziosa terrazza dove gustare un pranzo con una splendida vista sul lago Maggiore, un unico e affascinante ambiente interno, accogliente e intimo, con soli venti posti a sedere, all’interno di una suggestiva dimora storica risalente al 1880.

Nonostante la giovane età, il cuoco, Luca Piccinelli, ha tutte le carte in regola per fare bene: una buona tecnica e una spiccata immaginazione gli permettono di muoversi con agilità e competenza nella costruzione di proposta fresca e intrigante.

Grandi vetrate lasciano intravedere, attraverso le tende di seta, l’aulica piazza Solferino, mentre i tavoli tondi sono rivestiti di lunghe tovaglie bianche che fanno capire come qui la raffinatezza sia ancora di casa.

Una cucina – quella walser – che, come altre dell’arco alpino, si è sviluppata attorno al concetto di sussistenza e che – quindi – fa largo uso di ingredienti reperiti nella natura circostante: erbe spontanee, tuberi e radici, carni e cacciagione.