Località San Maurizio, 39
Santo Stefano Belbo (CN)
Un tempo, quando la Langa era ancora la Langa «della malora», c’era Guido Alciati. E c’era solo lui, insieme a sua moglie Lidia, a ‘vegliare’ sull’ingresso nella valle del Tanaro, dall’alto della sua Costigliole. E a far conoscere una terra, una cucina, dei vini che – grazie a lui – sono diventati famosi. E che – sempre per merito suo – hanno fatto la fortuna di una landa che sino a mezzo secolo fa era un luogo di povertà dal quale, chi riusciva, cercava di emigrare. # Ora non è più così: ora la Langa, e il Roero, sono terre ricche, piene di ristoranti blasonati, di cantine rinomate, di relais di lusso. Ed è proprio in una di queste strutture – suggestivamente ricavata in un monastero del XV secolo – che ha trovato spazio uno dei due Guido nati dopo la chiusura del locale primigenio a Costigliole. Qui Andrea Alciati, il terzo figlio di Guido e Lidia, porta avanti la tradizione di quel vitello tonnato, di quei plin al sugo d’arrosto e di quel ganascino di vitello al forno che – chi ha avuto la fortuna di assaggiare dalle mani di mamma Lidia – mai dimenticherà. Ma tempus fugit e, a fianco a questi struggenti piatti della memoria, ecco apparire un interessante piatto di spaghetti rotti con brodo e anguilla (dall’accento orientale) o ancora un curioso risotto con zucca, coste e tartufo nero (intrigante nell’incrocio dei diversi elementi vegetali). # La carta dei vini, come da tradizione nella famiglia Alciati, è imponente: un vero monumento alla viticoltura piemontese, con larghi focus su altre regioni e sulla Francia. Il servizio è di livello, ma non affettato. Tartufi sublimi in stagione. Quattro sono i menu, fra i quali anche uno vegano, proposti l’uno per l’altro a 130 euro. Se ne spendono 175 ordinando quattro piatti à la carte.